Dopo il 1895 i dipinti di Cézanne assunsero uno stile più oscuro ed enigmatico rispetto alle sue opere precedenti. I suoi colori si fecero più ricchi, le pennellate più espressive, le composizioni più ristrette. L’opera che vi presentiamo oggi è velata da un intrico di rami, creando un senso di chiusura e di isolamento. L’ambientazione sembra angusta e remota – decisamente più stimolante e minacciosa. Anche il cielo si distingue da quelli delle sue prime opere: i precedenti erano ariosi, mentre questo è pesante, tinto di toni plumbei e sprazzi di viola e di verde. I pallidi edifici dei suoi primi paesaggi hanno lasciato il posto a un ocra più scuro. Nei suoi anni più tardi Cézanne era attratto non solo dall’ordine intrinseco della natura, ma anche dal suo caos e dalla sua turbolenza. La cupa solitudine di questa scena riflette un’assonanza con il suo mondo interiore.
Cézanne dipinse lo Château Noir molte volte, affascinato dalla sua mistica. L’edificio era oggetto di molte leggende locali, ed era un tempo noto come Château Diable (“il castello del diavolo”), con le sue finestre gotiche e le mura diroccate che gli conferivano l’aspetto di una rovina.
Sebbene Cézanne continuasse a dipingere en plein air, osservando direttamente i suoi soggetti (una pratica incoraggiata dal suo mentore impressionista Camille Pissarro), il suo approccio si distingueva da quello impressionistico. Il dipinto non è una rapida raffigurazione di un fuggevole effetto visivo, bensì una profonda e deliberata meditazione. Rappresenta uno sforzo di “realizzare”, come Cézanne stesso descriveva, la completa sensazione del luogo – una sintesi del suo temperamento, della sua visione e del suo intelletto.
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